Masterclass sul vitigno “Friulano” – The Taste Seeker

A conclusione dell’anno sociale 2021-2022, la delegazione dei Castelli Romani dell’Associazione Italiana Sommelier, guidata da Fabrizio Gulini, ha organizzato una serata di approfondimento su un vitigno molto particolare come il Friulano.

Per coloro che hanno qualche anno alle spalle, probabilmente è ancora limpido il ricordo di quando, nel 2008, la Comunità Europea decise di “bandire” il termine originario con cui era conosciuto il vitigno, ovvero “Tocai“. Per quale motivo? La storia iniziò nel 1959, quando una società ungherese specializzata nell’export citò in giudizio un produttore friulano, affermando che il vino non può chiamarsi Tocai dato che ricorda troppo il Tokaji magiaro (in questo articolo che ho scritto potete trovare tutto quello che c’è da sapere sul famoso vino dolce dell’Ungheria). In realtà, a parte una leggera assonanza tra i nomi, i due vini non hanno nulla da spartire dato che uno è un bianco secco e l’altro è un bianco dolce muffato – tra l’altro, anche dal punto di vista della sintassi, quello friulano ha la “C” mentre quello ungherese ha sia la “K” che la “J”. Sta di fatto che la ‘guerra’ si è portata avanti per molti anni, fino appunto alla fine degli anni 2000 quando il nome “Tocai” cessò di esistere.

Ma torniamo a noi: a condurre la serata, oltre a Fabrizio, era presente David Buzzinelli, uno dei proprietari della cantina “Carlo di Pradis” e (dal 2019) presidente del Consorzio di Tutela dei Vini del Collio. Lo stesso consorzio, nato nel 1964 e riconosciuto come Denominazione di Origine Protetta dal 1968, sul suo sito si esprime così:

In poco più di 1500 ettari coltivati a vigna si dipana un universo policromo, fatto di saporiidentità e storie personali simili ma mai uguali, in cui le differenze sono molte di più delle similitudini pur esprimendo un comune senso di appartenenza e di dedizione verso questa terra, vissuta come specchio di sé. Ed è così che in nessun altro luogo come in Collio, il friulano schivo, complesso, asciutto e ruspante descrive perfettamente e allo stesso tempo il carattere della sua gente e le qualità di questo vitigno autoctono. Qui le piccole aziende di famiglia curano le proprie vigne come fossero giardini, in ogni minimo dettaglio, con una tensione costante verso la qualità e la bellezza che comprende l’amore per la natura, da cui non potrebbe prescindere. Qui la biodiversità trionfa perché la differenza è percepita come una ricchezza da difendere e la sostenibilità ambientale, l’esigenza profonda di camminare leggeri sulla Terra, non è che la diretta conseguenza di questa visione. Qui il vino prodotto –bianco come il suo territorio- è l’espressione più pura di questo equilibrio: elegante, sapido, strutturato, profumato, in cui convivono senza difficoltà freschezza e longevità”.

Grazie a David, tutti noi abbiamo avuto modo di conoscere più nel dettaglio un’area geografica incredibilmente particolare e distante dalla zona dei Castelli Romani, ovvero Pradis (Cormons) nella zona del Collio DOC – e nei comuni di Moraro e Mariano, nella zona Isonzo DOC. 

Proprio il Collio è un’area che comprende la fascia collinare settentrionale della provincia di Gorizia, tra i fiumi Isonzo (ad est) e Judrio (ad ovest), mentre a nord lambisce parte del confine con la Slovenia. Comprende circa 1.500 ettari di vigneto su colline che, nella maggior parte dei casi, sono esposte al sole, ad un’altitudine che può variare dai 60 a 270 metri s.l.m. Altro fattore che contribuisce alla straordinaria qualità dei vini prodotti nell’area è l’influenza del Mar Adriatico, dato che mitiga la temperatura.

È una zona in cui la viticoltura ha radici profonde, risalenti all’epoca Romana, ma è nella seconda metà dell’800 che arriva la coltivazione dell’uva in chiave più moderna. La regione si presta principalmente alla coltivazione di vitigni a bacca bianca: non possono mancare il Picolit, la Ribolla Gialla, il Gewürztraminer, lo Chardonnay, il Müller-Thurgau, il Pinot Bianco e quello Grigio, la Malvasia Istriana, Riesling (Italico e Renano) il Sauvignon Blanc e soprattutto il Tocai, mentre con i rossi possiamo trovare moltissime uve internazionali quali i Cabernet, Pinot Nero, Merlot e Carmènere.

La DOC del Collio può annoverare tra le proprie file ben 19 tipologie di vini, di cui tredici bianchi e sei rossi. Tutte le tipologie, qualora siano opportunamente invecchiate, possono essere classificate come “riserva”. Nel dettaglio, le tipologie sono:

  • Collio Bianco DOC
  • Collio Chardonnay DOC
  • Collio Friulano DOC
  • Collio Malvasia DOC
  • Collio Picolit DOC
  • Collio Müller-Thurgau DOC
  • Collio Pinot Bianco DOC
  • Collio Pinot Grigio DOC
  • Collio Ribolla Gialla DOC
  • Collio Riesling DOC
  • Collio Riesling Italico DOC
  • Collio Sauvignon DOC
  • Collio Traminer Aromatico DOC
  • Collio Pinot Nero DOC
  • Collio Cabernet DOC
  • Collio Cabernet Franc DOC
  • Collio Cabernet Sauvignon DOC
  • Collio Merlot DOC
  • Collio Rosso DOC

Passiamo ora ai vini degustati durante la serata. Per l’occasione, David ha portato con sé 4 tipologie di vini: il Friulano sia nella zona dell’Isonzo che in quella del Collio, una Magnum di Tocai del Collio ed una mini verticale di tre annate diverse dello “Scusse” (sempre Friulano). Per i primi tre vini vorrei approfittare della esaustiva scheda tecnica offerta dal sito web della cantina in merito alla realizzazione del vino.

Da sinistra a destra: “Friulano Collio” 2020, “Friulano Isonzo” 2020, “Tocai Collio” 2017

FRIULANO ISONZO DOC 2020

Suolo -> Alluvionale con argille
Vitigno -> Friulano 100%
Estensione del vigneto -> 1,5 ha
Esposizione -> Sud-Ovest
Tipo d’impianto -> Guyot
Densità media ceppi per ettaro -> 4.000
Età media del vigneto -> 70 anni
Produzione media per ettaro -> 80q
Epoca di vendemmia -> Fine Settembre
Alcool -> 13,39%
Acidità totale -> 5,2 g/L
Imbottigliamento -> Fine Giugno

Che dire di questo vino? È un vino ottimale per accompagnare apertivi di livello. Può sembrare una semplificazione quando si accosta un vino ad un aperitivo, ma non penso a noccioline e patatine in busta. Questo vino, dai delicati aromi floreali e dalla piacevolissima mineralità, potrebbe essere perfetto ad esempio con un tagliere di salumi e formaggi, magari proprio del Friuli che in entrambi i settori ha molto da offrire. Pur non avendo un’aromaticità intensa come quella di un Gewürztraminer, è un vino che potrebbe sposarsi bene con del sushi o con comunque dei crudi di pesce. 

FRIULANO COLLIO DOC 2020

Suolo -> Marna arenarica (Ponca)
Vitigno -> Friulano
Estensione del vigneto -> 1 ha
Esposizione -> Sud
Tipo d’impianto -> Guyot
Densità media ceppi per ettaro -> 4.000
Età media del vigneto -> 30
Produzione media per ettaro -> 80q
Epoca di vendemmia -> Fine Settembre
Alcool -> 13,7%
Acidità totale -> 5,27 g/L
Imbottigliamento -> Fine Giugno

Qui obiettivamente, nonostante sia lo stesso vitigno, il livello si è già alzato. Al naso, oltre al corredo floreale che credo si trovi spesso in questo genere di vitigno, ci sono anche delle suadenti note fruttate, in particolare di mandorla. Da quel che è emerso dalla serata, questo tipo di indicatore è abbastanza tipico per quanto riguarda il Friulano e devo ammettere: era davvero ben integrato sia al naso che al gusto, dato che il finale presentava questa lieve nota amaricante. Probabilmente anche a livello di accostamenti si potrebbe osare di più, magari con una pasta o un risotto conditi con delle salse non troppo spinte. 

TOCAI COLLIO DOC (MAGNUM) 2017

Con questa Magnum, data 2017, anche la struttura e la complessità sono aumentate notevolmente rispetto ai due precedessori. Anche il colore, leggermente più carico e tendente al dorato, faceva intuire che il livello si era alzato: note di frutta a polpa gialla, frutta secca (ancora l’inconfondibile mandorla), fiori gialli, un’acidità importante ma non stancante, con una bella persistenza ed una certa intensità gusto-olfattiva. Francamente non mi dispiacerebbe provarlo con qualche piatto di pesce al forno.

“SCUSSE” 2015

Proseguendo la serata, siamo passati ad una tipologia specifica di prodotto realizzato dalla cantina. Il “Scusse”, anche in questo caso, è un vino fatto esclusivamente con il Friulano, realizzato su un terreno di marna arenarica, con un vigneto esposto al sud dall’età media di 30 anni.

Il colore dorato va attribuito in particolare al metodo di vinificazione, che prevede una macerazione a contatto con le bucce alla temperatura di 8°-10°, con inoculo di lieviti selezionati dopo 24 ore e fermentazione a contatto con le bucce totale (17 giorni fino a secco) a temperatura controllata 14°-16° gradi in riduzione. In seguito viene applicata la svinatura (l’operazione di travaso per separare il vino dalle vinacce e dalle fecce, il residuo solido della fermentazione) e pressatura soffice con pressa pneumatica. Successivamente è il turno dell’affinamento in botti di rovere francese da 1.500 litri con “bâtonnage” settimanali in modo da tenere in sospensione i lieviti. Infine avviene un travaso dopo 6 mesi e si prosegue l’affinamento.

Abbiamo dapprima iniziato con l’annata 2015, che si è presentata con un colore giallo dorato, dall’aroma intenso, ricco soprattutto di effluvi di spezie. Al gusto si può dire quasi che fosse “croccante”, con una fermata finale amarognola e dalla lunga persistenza.

Mini verticale di tre “Scusse”

“SCUSSE” 2008

Con la successiva bottiglia andiamo indietro addirittura di 7 anni. La freschezza di questo vino non se n’è andata neanche con così tanti anni sulle spalle – questa bottiglia andrebbe fatta assaggiare a coloro che asseriscono che certi vini bianchi non vanno oltre i 12, massimo 24 mesi. Il colore è un giallo dorato molto propenso verso l’ambrato, dall’aroma intenso e dal gusto asciutto, persistente, vellutato, con un’acidità moderata e compatta nonostante i quasi 15 anni alle spalle, corredato dall’immancabile retrogusto amaricante tipico del vitigno.

“SCUSSE” 2007

Per concludere la serata – e l’anno sociale dell’AIS Castelli Romani – abbiamo avuto lo “Scusse” 2007. Un’annata importante (per me): quello fu l’anno in cui mi trasferii con la mia famiglia in America. Ripensare a quanto tempo sia passato da allora ed in particolare a quella esperienza, il tutto durante la degustazione di questo vino, mi ha fatto davvero apprezzare il calice.  

Il Collio era già da tempo nel mio personale radar ma dopo questa serata la voglia di visitarlo è aumentata in modo esponenziale. Sarebbe bello riuscire ad organizzare una visita a metà tra il Collio friulano (quello originale) e quello sloveno: ne verrebbe fuori un’esperienza enoturistica davvero interessante! 

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