A pranzo da “Uliassi”, tre stelle Michelin a Senigallia

Ebbene sì: nella seconda parte del 2023, sono riuscito finalmente a concedermi lo sfizio (lusso) di poter vivere una completa esperienza da commensale all’interno di un ristorante con tre stelle Michelin, il gotha della ristorazione se ci si basasse esclusivamente sulle assegnazioni della guida dei famosi pneumatici.

E la scelta è ricaduta su Mauro Uliassi, proprietario dell’omonimo ristorante “Uliassi” che si affaccia sul lungomare della bellissima cittadina marchigiana di Senigallia, detentore dei tre Macaron dal 2018.

Io direi di iniziare immediatamente col resoconto del pranzo, avvenuto con prenotazione ricaduta sulla scelta del menù “Lab”, quello che tra i percorsi proposti dallo Chef è probabilmente il più fantasioso.

ATMOSFERA

Nel 2023 ho avuto il privilegio di lavorare all’interno di un altro ristorante tristellato, ma ammetto che entrando tra le mura di “Uliassi”, quasi non si direbbe che si sta varcando la soglia di uno dei ristoranti più prestigiosi d’Italia – e del mondo: non perché il locale sia spoglio ed antiquato, anzi! Lo Chef e sua sorella Catia (che dirige il servizio in sala) hanno saputo creare un ambiente raffinato ma allo stesso tempo capace di non mettere a disagio i clienti che vi entrano dentro – infatti non è neanche richiesto un dress code per vivere l’esperienza. Certo, va ammesso che dalla loro hanno un alleato non da poco conto: il mare, precisamente il Mare Adriatico, che poggia lì a meno di 100 metri di distanza.

COSA NON MI È PIACIUTO

Sarebbe utopico andare in un luogo e parlare solo ed esclusivamente bene, darebbe l’aria di una marchetta. Ma quel che sto per elencare (pochissimi punti, ma pur sempre presenti) sono elementi che condivido perché rappresentano la verità, non una forma di “auto-protezione”. E quindi, vado subito dritto al punto con gli unici tre elementi che non ho gradito molto dell’esperienza:

  • Servizio del vino. Ora, che da “Uliassi” lavorino professionisti esemplari, nessuno lo mette in discussione. Tuttavia, per entrambi i vini alla mescita che abbiamo ordinato, il sommelier non ha provveduto a farci fare l’assaggio, né a farlo lui personalmente. Questa la reputo una grande pecca, proprio perché siamo in un ristorante dove vige il massimo della performance, in sala così come in cucina.
  • Il caffè. Io e il mio amico abbiamo commesso un piccolo errore, ovvero non abbiamo chiesto un menù o direttamente al personale di sala qualche informazione sul caffè. Che poi è arrivato e sicuramente era integro, nel senso che non era bruciato o rancido – come ahimè avviene in fin troppi bar del nostro Paese. Il problema è che il caffè costava €8. Obiettivamente, considerando che non era una miscela raffinata o un monorigine, uno specialty o qualche altro particolare caffè, reputo la cifra eccessiva. Per carità, siamo pur sempre in un tre stelle Michelin, ed in molte zone famose d’Italia si spende anche una cifra maggiore. Ma reputo che comunque dovrebbe esserci una correlazione tra il prezzo che si paga per un prodotto/servizio e la qualità, e sinceramente, ad eccezione dell’esclusività dell’esperienza, quel caffè non valeva neanche metà del prezzo.
  • “Solo oggi”. Ora, io un tentativo per conoscere chi sta dietro la cucina lo faccio sempre. Farlo in uno dei pochi ristoranti tristellati d’Italia lo considero quasi un obbligo. E quindi, a fine pasto, chiediamo ad uno dei camerieri se lo chef era disponibile ad incontrarci brevemente. Il ragazzo si è affrettato per andare a controllare e quando torna, ci dice: “Mi dispiace ma purtroppo lo Chef non è presente”. Se fosse finita qui la frase, ci sarebbe stato un po’ di dispiacere ma sono ben conscio che a quei livelli, certi chef siano molto richiesti in Italia e all’estero, pertanto sarebbe stato plausibile che quel giorno fosse fuori dal ristorante per attingere ad un altro impegno. Ma è la chiusura della frase che ha lasciato l’amaro in bocca. “Proprio oggi non era presente, perché solitamente c’è sempre”. Ora, io sono un Cavaliere dell’Ordine del “Mai ‘na Gioia”, ma era fondamentale specificare che “proprio oggi non c’era”?! Ci ha fatto sentire davvero due sfigati al quadrato.

Però, in compenso, come potete vedere sono state davvero poche (e certamente non gravi) le cose che non ci hanno fatto impazzire di questa esperienza. Passiamo ora a ciò che ci è piaciuto, praticamente tutto il resto.

AMUSE-BOUCHE

Loacker di nocciole, fegato grasso e shot di Kir Royale

Davvero originale il primo boccone dell’esperienza: una sorta di “Loacker” con nocciole e foie gras accompagnato da uno shot di Kir Royal, ovvero un cocktail a base di crème de cassis e Champagne. Confesso: è stata la prima volta che ho bevuto questo cocktail, e farlo accompagnato da questo boccone così sfizioso è stato un colpaccio. Non avevo idea che l’accostamento frutta secca e fegato grasso fosse così seducente per le papille gustative.

SERVIZIO DEL PANE

Ovviamente non poteva mancare anche il servizio del pane, con grissini artigianali ai cereali, pani e cracker di vario genere (tra cui con le alghe), burro e olio/gel al rosmarino bruciato (quest’ultimo è stato uno dei condimenti più atipici e buoni mai assaggiati). Considerazione importante da sottolineare: ogni singola volta che il cestino del pane terminava, il personale di sala era prontissimo a portare un cesto con prodotti freschi e pronti per essere gustati di nuovo. E no, non venivano messi in conto, dando l’impressione che se avessimo chiesto 10 volte il cestino, lo avremmo comunque pagato una volta sola.

Grissini
Pani e cracker
Burro e gel di rosmarino bruciato

PRIME PORTATE

In successione, sono sei i piatti che succedono all’amuse-bouche e precedono il primo e il main dish dell’esperienza. Nell’ordine sono arrivati:

  • Seppie scottate, olio di guanciale, bietola, miele e colatura di alici,

  • Ricci e semi di fichi,

  • Macchia Adriatica (cardoncelli, luppolo, more, mirtilli e pinoli),

  • Insalata di ostrica, pesto di rucola, limone, borragine,

  • Lumache, peperone friggitello, origano, erbe soffiate,

  • Anguilla affumicata, albicocca, rafano e alloro

Tutte erano preparazioni eccezionali. Le seppie, abituati a mangiarle con i piselli o le patate, sono state esaltate dal particolare accostamento con condimenti così atipici per questo elemento ittico come miele e olio di guanciale, ma ulteriormente impreziosite dalla bietola e soprattutto dalla colatura di alici.

I ricci, accompagnati dai semi di fichi, sono stati una delle portate più stupefacenti dell’esperienza, forse quella che ha lasciato la bocca più pulita dopo i bocconi. Interessantissimo l’ecosistema ricreato per la Macchia Adriatica, con frutti di bosco, frutta secca, luppolo e funghi a ricreare un’armonia gustativa che, guardando il nome degli ingredienti, non mi sarei mai aspettato – d’altronde, le tre stelle non sono certo lì per abbellire il locale…

L’insalata di ostrica forse è stato quello un po’ più “normale” a livello di accostamenti, ma non per questo meno buono. Davvero singolare il piatto con le lumache, mentre l’anguilla è stato un tripudio gustativo e rasentava la perfezione per la cottura di una carne così grassa ma anche ostica come l’anguilla – spettacolare poi l’accoppiata con l’albicocca.

Posso dire che in quasi tutti questi piatti, l’amaro era il fil rouge che ha accompagnato i vari bocconi, intervallati ovviamente da picchi di dolcezza ed acidità come per il piatto dell’anguilla.

Menzione a parte: la cucina ci ha omaggiato anche con un piatto extra nel nostro percorso ma, sbadatamente, non ho neanche preso appunti su cosa stessimo mangiando…

Seppie scottate, olio di guanciale, bietola, miele e colatura di alici
Ricci e semi di fichi
Macchia Adriatica (cardoncelli, luppolo, more, mirtilli e pinoli)
Insalata di ostrica, pesto di rucola, limone, borragine
Lumache, peperone friggitello, origano, erbe soffiate
Anguilla affumicata, albicocca, rafano e alloro
Piatto extra omaggiato dalla cucina

PRIMO PIATTO

Qui sono rimasto davvero sorpreso. In un tributo alla città di Bari, lo Chef ha deciso di creare la sua versione di Pasta all’Assassina, un tipo di pasta che, sui social, ha letteralmente spopolato nel 2023. Sarà per la sua cottura – fatta praticamente in un brodo di pomodoro e sbruciacchiando la pasta direttamente in padella – sarà per la sua immensa piccantezza, ma sta di fatto che quest’anno sarà difficile trovare qualcuno che non conosce questa pasta.

Lo chef ha utilizzato in questo caso dei fusilloni invece che gli spaghetti utilizzati nella tradizione. La cottura era straordinariamente atipica: erano perfettamente croccanti – ma non bruciati – in cima e al dente nella restante parte. La piccantezza era intensa e pungente, ma l’intingolo di basilico e soprattutto le foglie di shiso sono state la chiave vincente per far sì che anche un “astemio” di piccantezza come me potesse riuscire ad avere una bocca perfettamente pulita dopo aver finito il piatto.

Pasta all’Assassina

MAIN COURSE

Il piatto principale del pranzo invece è stato un agnello marchigiano cotto sui carboni e accompagnato da un graditissimo olio alla vaniglia, oltre che dalle ciliegie e dalle nocciole.

Agnello ai carboni, vaniglia e ciliegie con nocciole

PRE-DESSERT

Per ripulire il palato, lo Chef ha incluso una granita al limone.

Granita al limone

DOLCE

Qui, lo Chef ha deciso di concludere il menù con uno dei dolci più sontuosi della cucina francese, e forse uno dei più complicati da realizzare: la torta Saint Honorè. Ammetto, non essendo un gran fan della liquirizia – che in questa torta era ben presente – non me la sento di giudicarlo il dolce della vita. Ma è una considerazione di gusto personale: obiettivamente parlando, è stato davvero un capolavoro.

Saint Honorè

PICCOLA PASTICCERIA

Non si può concludere effettivamente il pasto senza prima aver goduto dei Petit Fours, ovvero la piccola pasticceria.

Davvero, davvero particolare, soprattutto col bocconcino ripieno di Gorgonzola o quello con la Vecchia Romagna. Per i più nostalgici, quello più scuro era un croccantino al cioccolato che non bisognava masticare, bensì lasciar sciogliere in bocca dato che ricreava l’effetto delle Onde Frizz, ovvero sfrigolavano in bocca!

Piccola Pasticceria

 

CONCLUSIONI

Sul servizio, di cui non ho praticamente parlato finora, c’è poco da dire: attento, preciso, sempre col sorriso in faccia, numeroso, puntuale nel pulire la tavola ad ogni cambio di piatto. Il conto finale, di €296 a persona, rifletteva il menù Lab 2023 da €250 a persona, i €30 di vino, il caffè da €8, l’acqua e il cesto del pane. Un’esperienza che difficilmente dimenticherò, la mia prima in un tre stelle Michelin. Conoscere lo chef sarebbe stato davvero la ciliegina sulla torta ma la vedo più come un modo per poterlo incontrare in futuro.