Visita di tre cantine nei Castelli Romani – Parte II (The Taste Seeker)

Dopo la prima parte che potete trovare qui, ecco una nuova raccolta di tre cantine da visitare nella zona dei Castelli Romani. Questa volta i Comuni d’interesse sono Frascati, Monte Porzio Catone e Velletri. Proprio da quest’ultima vorrei partire dato che è la città in cui sono nato nel 1991, pertanto diamo il via.
ÔMINA ROMANA
Via Fontana La Parata 75, 00049, Velletri (Roma)
06 96430193
info@ominaromana.com
Confesso che fino a circa due anni fa non avevo mai sentito parlare di questa cantina. Mi ci sono imbattuto, se non erro, nel periodo del lockdown, quando su Facebook venni intercettato da una loro inserzione che raffigurava uno dei più cari amici della cantina stessa, ovvero lo chef Heinz Beck. Spinto dalla curiosità, andai a cliccare sulla pubblicità e venni a scoprire che alcuni dei vini venduti dall’azienda, realizzati con vitigni internazionali abbastanza comuni come il Merlot, lo Chardonnay ed il Viognier, avevano un prezzo al dettaglio che spaziava dai €60 ai €90. Ispirato da quel fenomeno di nome Leonardo Di Caprio, mi sono detto: “Signori, avevate la mia curiosità, ma ora avete la mia attenzione“.

E così, dopo molto tempo, sono riuscito in un torrido luglio dell’estate 2021 ad andare a visitare l’azienda. Ma facciamo un passo indietro: chi c’è dietro questa cantina? L’azienda nasce nel 2007 per volontà della famiglia Börner nella zona di Velletri, situata precisamente a Via Fontana La Parata 75 su una superficie di 60 ettari vitati, per “creare una nuova realtà vitivinicola che esprimesse nei suoi prodotti i valori della massima qualità, quale risultato di sapienza e scienza, passione e rigore, da qui la nostra filosofia Mens et Manus”. Le idee sono state chiare fin da subito; infatti la cantina ha prontamente cercato di coniugare le caratteristiche del terroir a quelli che erano gli obiettivi dell’azienda, piantando ogni vite solo e soltanto dopo un’attenta valutazione delle caratteristiche ambientali in cui sorge Ômina Romana, con pochi grappoli per pianta.
La visita è stata condotta magistralmente da Paula Pacheco, agronoma e Direttore Tecnico (di origine argentina) fin dagli inizi nel 2007, la quale è stata molto esaustiva a spiegare nel dettaglio le varie pratiche applicate in vigna, così come le varie strumentazioni adoperate per studiare ed analizzare al meglio l’andamento della vegetazione. Ad accompagnarci in cantina e nella bottaia composta da 500 botti invece è stato Simone Sarnà, enologo della cantina, mentre la degustazione è stata condotta dal sommelier Vittorio Amato.

Il primo vino degustato è stato l’Hermes Diactoros II bianco del 2019, composto da un uvaggio di: Viognier 62%, Chardonnay 12%, Incrocio Manzoni 13% e Petit Manseng al 13%. “A Hermes, dio greco messaggero delle divinità dell’ Olimpo, si ispira questa versione della linea per la sua creativitaà ed immediatezza. Una cuvée fresca ed energica in cui si riflette la bontà e la ricchezza della mineralità dei nostri suoli vulcanici che donano all’HERMES DIACTOROS II un caleidoscopio di intense sensazioni da scoprire nell’assaggio”. Il vino, che segue una fermentazione alcolica ed un affinamento in acciaio inox (per poi maturare 2 mesi in bottiglia), si è rivelato un vino molto piacevole per occasioni informali come un aperitivo o un calice in piena estate, quando le temperature minime superano i 60° all’ombra… un profilo olfattivo corredato da frutta esotica matura, agrumi, pepe ed erbe aromatiche, mentre in bocca è stato sorprendente trovare un trittico di durezze tutte ben amalgamate tra di loro. Prezzo al dettaglio: €19.

Successivamente è stato il turno dello Chardonnay 2017 della “Linea Ars Magna”, un vino che al dettaglio costa €67. Qui il procedimento produttivo è molto diverso dal vino precedente: le uve vengono fermentate in barrique di rovere francese e la stessa sorte accade per l’affinamento per 10-12 mesi – per poi proseguire altri 6 mesi in acciaio inox. Infine viene lasciato maturare in bottiglia per altri 6 mesi. Quel che si ottiene è un vino caratterizzato da un colore dorato molto luminoso, da un bouquet di frutta matura a polpa bianca, fiori, erbe aromatiche ed una piacevole nota iodata, mentre in bocca ha sprigionato una persistenza davvero sorprendente ed una struttura che lo rende capace di accompagnare piatti importanti, ricchi e gustosi. In questo caso, tuttavia, era accompagnato da un vassoio di finger food davvero sfiziosi.

Con il terzo cambiamo registro e passiamo al primo rosso della degustazione, il “Diana Nemorensis I” 2017, un vino realizzato con uve di taglio bordolese (Merlot 50%, Cabernet Sauvignon 30% e Cabernet Franc 20%). Il processo produttivo in questo caso implica un doppio contenitore: acciaio inox per la vinificazione, affinamento dapprima in acciaio e successivamente (almeno una piccola parte) in barrique di rovere francese, con una maturazione finale in bottiglia di 90 giorni. I profumi hanno introdotto un’eleganza auspicabilmente riscontrabile anche al palato (e così è stato): sentori di frutti di bosco, amarene, cacao e tabacco, mentre in bocca il tannino non si è rivelato affatto ruvido nonostante il breve periodo passato dalla nascita di questa bottiglia.
Dulcis in fundo, il Merlot 2015 della Linea Ars Magna (prezzo al dettaglio: €96). La complessità del processo produttivo fa intuire fin da subito quanto sia un vino dispendioso in termini di realizzazione: fermentazione alcolica in acciaio inox ed in tini di legno, affinamento in barrique di rovere francese per circa 24 mesi, seguiti da altri 6 mesi in inox, per poi subire un’ulteriore maturazione in bottiglia per 12 mesi. Quel che si ottiene è un vino rosso rubino con profumi intensi di sottobosco, frutti di bosco, spezie, tabacco da pipa, legno ed un accenno di note eteree, il tutto integrato da una bevuta elegante per un vino di corpo, persistente, lievemente sapido ed obiettivamente piacevolissimo da bere.

Per darvi un’idea migliore di quello che la cantina ha da offrire vi invito a vedere cliccando qui il video che ho realizzato.
CANTINA IMPERATORI
Via di Pietra Porzia 14, 00044 Frascati (RM)
0694015058

Questa cantina è relativamente giovane, avendo cominciato a vendere bottiglie soltanto nel 2015 (e molto apprezzata e citata dallo chef Max Mariola nei suoi video), dopo che il suo fondatore Stefano Imperatori decise di acquistare (verso la fine degli anni 2000) un terreno nella zona dei Castelli Romani che gli permettesse di coltivare la sua grande passione per il vino.
In azienda, quando sono andato a visitarla, arrivai un po’ in anticipo rispetto alla tabella di marcia e lì, in attesa di iniziare, scambiai qualche chiacchiera con Nina Farrell, Event Manager della cantina proveniente dalla Pennsylvania, negli Stati Uniti. Con lei ci siamo subito diretti dapprima verso i vigneti e successivamente verso la cantina e la bottaia dell’azienda a visionare con i nostri occhi tutti i luoghi in cui il vino di Imperatori prende vita, scoprendo anche un fattore molto interessante: l’azienda si affida ad una società esterna per l’imbottigliamento [mobile] che avviene in un breve lasso di tempo e permette quindi ad aziende come Cantina Imperatori di risparmiare un grosso capitale che altre realtà potrebbero semplicemente non potersi permettere.
Finito il sopralluogo ci siamo diretti all’esterno per iniziare la degustazione da €35 a persona e, spoiler alert, ha offerto il migliore buffet che abbia mai gustato in una seduta di degustazione in cantina: ricco, saporito e variegato, davvero un toccasana!


La degustazione è partita con una Malvasia Puntinata (del 2020) in purezza (prezzo in cantina di €10), a mio parere un vino perfetto per coloro che vogliono battezzare un pasto senza ricorrere necessariamente ad una bollicina. Come spiegato dalla stessa Nina, Stefano Imperatori ha decisamente volontariamente di non dedicarsi alla produzione dei prodotti tipici di Frascati (Frascati DOC, Frascati Superiore DOCG e Cannellino di Frascati DOCG), ma puntando comunque su alcuni vitigni del luogo che potessero collegare profondamente la cantina al territorio: la Malvasia del Lazio è decisamente uno di questi vitigni, che in questo caso viene fermentata in acciaio a temperatura controllata e poi viene fatta affinare in in acciaio inox per almeno 4 mesi prima di trascorrere un ultimo periodo in bottiglia pre-immissione in commercio.

Successivamente è il turno del “Segreto Verde” dell’azienda, un Trebbiano Verde del 2020 che, come descritto dall’azienda, è un “vitigno di remote origini che gli antichi Romani chiamavano virdis per il colore caratteristico degli acini, veniva coltivato nelle campagne romane, dove prima della crisi fillosserica, era l’uva bianca di riferimento. Nella nostra azienda crediamo che possa esprimere caratteristiche uniche e inconfutabili da grande vino bianco quale è”. Anche in questo caso la fermentazione alcolica avviene in acciaio a temperatura controllata, seguita da almeno 6 mesi sulle fecce fini in botti grandi di rovere, poi in bottiglia prima della messa in commercio. Per chi fosse interessato, l’azienda produce questo vino anche nella versione anfora, un recipiente che ormai viene adottato sempre di più da vari cantine in giro per l’Italia – e non solo.

A concludere la degustazione sono poi arrivati due vini rossi: un Cesanese d’Affile del 2018 ed un Cabernet Sauvignon del 2017. Parlando con un minimo di soggettività, il Cesanese lo considero un’uva molto ostica da domare, dal carattere forte e deciso, facilmente capace di “scivolare” su spigoli che potrebbero disturbare il palato. In questo caso, nonostante avesse soltanto poco più di 3 anni sulle spalle, ho trovato questo Cesanese molto equilibrato, elegante ed armonico, corredato da delle intriganti noti di fiori e frutti rossi. Sul Cabernet Sauvignon, invece, raramente rimango deluso perché è probabilmente l’uva a bacca rossa [internazionale] che preferisco e anche questa volta le attese sono state centrate: note di frutta e di spezie, con una lievissima traccia balsamica da accompagnamento e dalla tannicità importante ma non prepotente.

Per vedere il video completo della mia visita potete cliccare qui.
VILLA SIMONE
Via Frascati Colonna, 29, 00078 Monte Porzio (RM)
06 9449717
info@villasimone.it
Concludiamo con Villa Simone, un’altra di quelle cantine che da anni era nel mio mirino. Sono due le caratteristiche che ho maggiormente apprezzato della cantina. In primis, partendo da un minimo di 4 persone (previa la disponibilità dell’azienda) è possibile visitare la cantina anche di domenica, un qualcosa non molto comune e che io apprezzo sempre. Secondariamente, sebbene esistano dei pacchetti predefiniti, è possibile personalizzare al massimo la gamma di vini in degustazione, andando quindi a richiedere all’azienda quali sono i vini che si vogliono assaggiare: lo trovo straordinario!

L’azienda vide la luce nel 1982 per volontà di Piero Costantini, il quale acquistò nel comune di Monte Porzio Catone le vigne che furono del Cardinal Pallotta con lo scopo di realizzare un vino di alto prestigio in una zona storicamente legata ad una produzione abbondante ma dozzinale, volta più che altro a soddisfare la domanda di Roma più che a raggiungere certi standard qualitativi – per fortuna, negli ultimi anni, molte azienda hanno adottato questo cambio di passo.
Come prima cosa, l’azienda decise di reimpiantare nuovi vigneti inserendo le varietà minori come la Malvasia Puntinata (a tal proposito, in futuro l’azienda ha intenzione di produrre un Frascati con l’80% di Malvasia del Lazio) “a scapito di quelle più produttive (Malvasia di Candia e Trebbiano) ma di qualità nettamente inferiori, coltivandole a controspalliera con sistemi di potatura corta (guyot e cordone speronato) in modo da ridurne drasticamente la produttività. In un secondo tempo fu modernizzato tutto il ciclo di vinificazione dando ampio spazio alla tecnologia del freddo”.

Oggi invece a guidare l’azienda c’è il nipote di Piero, ovvero Lorenzo Costantini, che tra l’altro è anche l’enologo della cantina. Sua figlia invece, Sara Costantini (responsabile della comunicazione e dell’accoglienza turistica della cantina) è stata la nostra personale Cicerone durante la visita in cantina, dapprima tra i vigneti e poi in cantina. Successivamente ci siamo spostati sulla terrazza della cantina per avviare la degustazione.
Il primo vino è stata un po’ una sorpresa (ed un vino che avevo espressamente richiesto all’interno della degustazione), ovvero lo spumante Brut che, come confessato da Sara, era al primo “banco di prova” – il 2021 infatti è stata la prima annata di produzione di questo spumante Metodo Martinotti, con Malvasia Puntinata in purezza e dal residuo zuccherino quasi tendente all’Extra Dry: note di frutti tropicali, fiori bianchi, mela e dal perlage fine e ben bilanciato, con un’acidità ben bilanciata anche da una leggera sapidità e mineralità.

Con il secondo vino andiamo subito a toccare uno dei prodotti di punta dell’azienda, ovvero il “Villa dei Preti” 2021, un Frascati Superiore DOCG seguito dal suo “collega”, ovvero il “Vigneto Filonardi” 2020 (stessa denominazione ma in questo caso Riserva). Entrambi i prodotti mi hanno piacevolmente sorpreso ma hanno anche confermato un qualcosa che può essere visto come un’arma a doppio taglio. Il disciplinare di produzione del Frascati Superiore DOCG infatti non prevede una “ricetta” troppo rigida nell’utilizzo delle varie uve ammesse per la produzione. Questo fa sì che, personalmente, non ho mai trovato due Frascati di due aziende diverse che fossero anche solo lontanamente vicini a livello di profilo organolettico e lo stesso si potrebbe quasi dire anche per questi due prodotti di Villa Simone. La parte buona di questa faccenda è che permette di scoprire sempre nuovi vestiti per quello che, sulla carta, potrebbe essere uno dei vini bianchi migliori del Centro Italia se altre aziende come Villa Simone e non solo continueranno ad impegnarsi ad alzare gli standard qualitativi.

In corso d’opera abbiamo anche avuto modo di far aggiungere alla batteria di vini in degustazione il “Ferro & Seta” 2017, un mix di Sangiovese e Cesanese capace di farsi attribuire le 4 Viti nella Guida “Vitae” 2023 dell’Associazione Italiana Sommelier. In conclusione della degustazione abbiamo avuto di assaggiare anche il Cannellino di Frascati DOCG (uno dei miei vini dolci prediletti) e, come sorpresa extra, anche la grappa (di Cannellino) dell’azienda. Per €30, un’esperienza davvero affascinante, soprattutto considerando che ce la siamo costruita noi secondo i nostri gusti!
Se volete vedere come è andata la visita, ecco a voi il link del video.
Appena avrò modo proseguirò con una terza puntata di cantine da visitare nella zona dei Castelli Romani!
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